martedì 24 giugno 2008

Crisi in Zimbabwe

A differenza della stampa italiana, i principali quotidiani nel mondo questa mattina avevano in prima pagina la notizia che per la prima volta il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è pronunciato all'unanimità sulla crisi in Zimbabwe dove, il capo dell'opposizione Morgan Tsvangirai, sebbene avesse passato il primo turno delle elezioni presidenziali dello scorso 29 marzo, ha rinunciato ad affrontare, nel seconto turno, il presidente uscente Robert Mugabe.
Per giustificare il ritiro della sua candidatura (che avrebbe dovuto implicare l'annullamento ufficiale dello scrutinio in programma per venerdì prossimo 27 giugno), Tsvangirai ha fatto riferimento all' "orgia di violenza" imputabile al partito dell'attuale capo dello Stato, la ZANU-PF (Union nationale africaine du Zimbabwe-Front patriotique) che con il proprio esercito ha minacciato, torturato, ucciso, allontanato, atterrito porta a porta gli elettori.
Questo è quanto il capo dell'MDC (Mouvement pour un changement démocratique) ha dichiarato ai microfoni della radio 1 Olandese: "Smettiamo di partecipare a quella che è una parodia del processo elettorale, violenta e illegitima...Non possiamo domandare agli elettori di rischiare la loro vita andando a votare il 27 giugno".

Il ritiro di Tsvangirai è un gesto estremo, un appello non solo alla comunità internazionale con, in primis il Consiglio di Sicurezza, ma anche e soprattutto alla Comunità dello Sviluppo dell'Africa Australe (SADC Communauté de développement de l'Afrique australe) a Paesi come il Sud Africa, lo Zambia, la Tanzania e il Botswana che dovrebbero intervenire per garantire le libere elezioni in un Paese che è ormai al tracollo economico. La moneta locale non vale più nulla (il rapporto di cambio con 1 dollaro è pari a 6 miliardi di dollari dello zimbabwe), l'inflazione è ai massimi storici, i negozi sono vuoti e la disoccupazione colpisce più o meno 4 persone su 5.

Lunedì il Consiglio di Sicurezza ha dichiarato che "la campagna di violenza e di restrizioni imposte all'opposizione hanno reso impossibile lo svolgimento di elezioni libere ed eque il 27 giugno" e ha condannato esplicitamente "il comportamento del governo che ha negato ai suoi avversari politici il diritto di svolgere una campagna politica libera". Il tono della dichiarazione è molto duro, anche se un gruppo di Paesi come la Russia, la Cina, il Vietnam, la Libia e l'Indonesia ritiene che si tratta di una crisi interna che non dovrebbe essere dibattuta all'interno del Consiglio e che ha migliori chance di essere gestita attraverso un approccio strettamente africano e regionale.
Aldilà delle motivazioni che sono alla base di questo approccio che implicherebbe l'annosa, interminabile discussione sul reale ruolo delle Nazioni Unite nelle crisi internazionali ed interne, questa potrebbe essere un'ottima occasione per il SADC e il sud Africa di intervenire e gestire un problema regionale africano senza l'intervento (o ingerenza) sempre un po' sospetto della comunità internazionale sulla quale c'è spesso giustamente molta diffidenza.
La strategia di mediazione del presidente sudafricano Thabo Mbeki, svolta sino ad ora, aveva sottovalutato la potenza e la violenza del presidente Mugabe, sarebbe ora che intervenisse realmente.
Intanto però i rappresentanti dell'attuale governo dello Zimbabwe hanno ribadito che le elezioni avranno luogo ugualmente il 27 giugno (vd Jeune Afrique). Ciò significa che il popolo dello Zimbabwe deve subire il governo illegittimo di Mugabe, al potere dal 1980.
Quello che noi, nel nostro piccolo possiamo fare è firmare una petizione qui per fare sentire la nostra voce-contro, contro la violazione dei diritti umani, i sopprusi, la corruzione di politici e militari, perché anche in Africa si possano svolgere elezioni libere, possano governare rappresentanti voluti dai propri cittadini senza nessuna ingerenza esterna, come dovrebbe essere in ogni democrazia che si rispetti.
Qui gli ultimi aggiornamenti dalla BBC con un'intervista telefonica a Tsvangirai dopo la dichiarazione delle NU.


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