Ti chiama un giornalista di un'importante rete televisiva nazionale. Ti dice che vuole fare una finta diretta dal teatro. Vuole inervistare il pubblico per avere un feedback a caldo a fine spettacolo. Ovviamente è il giorno in cui nevica e la sala è semivuota, così ti preoccupi di riempirla, chiamando amici e parenti, pronta a prostituirti per qualche presenza in più.
Dopo un paio d'ore ti richiama il giornalista e ti dice "Guarda, avevi ragione tu, forse è meglio intervistare l'attore a fine spettacolo". Lo ammazzeresti seduta stante, ma sorvoli.
Così finito lo spettacolo, mentre si è in attesa dell'attore, il giornalista ti intrattiene con il suo primo momento di autocelebrazione, elencandoti gli interessi che coltiva, o le canzoni e i libri che scrive. Intanto si specchia dove può, aggiustandosi il ciuffo, preoccupato dalla resa della sua splendida immagine.
Arriva l'attore stravolto, dopo un monologo intensissimo di un'ora e mezza e il giornalista parte con il suo secondo momento di autocelebrazione. Niente, non risparmia neanche lui.
Si parte con la prima ripresa, tecnicamente "l'affaccio": Siamo in collegamento da Milano, dal teatro tal de tali...
NO. Stop. non va. Quella parola è scivolata. Si prosegue con la seconda ripresa...
NO. Stop i capelli sono troppo disordinati. La terza, deo gratias, può funzionare.
Ovviamente il problema non è mai stato il contenuto, ma l'immagine personale del giornalista. Stesso iter per l'intervista vera e propria.
Avranno girato una ventina di minuti per 3 minuti di finta diretta. Un giornalista, due operatori, tu e l'attore per 3 minuti scarsi in onda all'una di notte. Evviva la TV.
lunedì 15 dicembre 2008
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