mercoledì 9 aprile 2008

Jahum!

Andalucia di Alain Guesmi (Francia/Algeria) (sinossi del film)

Un viaggio onirico tra emozioni e sensazioni fisiche e interiori.
Yacine, il protagonista, ci prende e ci porta per mano in un sentiero costellato di attimi da godere in tutta la loro pienezza senza lasciarsi condizionare dalle convenzioni.

Con lui possiamo provare il gusto di fermarci ad ascoltare o ad osservare ciò che succede intorno a lui e a noi.
Ci fermiamo. Ascoltiamo.
Ascoltiamo la verità e la poesia delle persone che incontra, un’umanità ai margini, rappresentata da un clochard, un folle, un vecchio amico o suo padre che ci svela il suo amore sincero per ciò che fa. Persone semplici, vere e in quanto tali, ricche. Non hanno nulla da dimostrare o da perdere. Sono libere.
E così, ci fermiamo e ascoltiamo la saggezza del fou, di shakesperiana memoria, che ci sussurra che ciascuno ha unproprio posto al mondo e ha il compito di cercarlo. Un giorno lui aveva trovato la chiave, conosceva le risposte a tutto, ma è stato rinchiuso in un ospedale psichiatrico.
Ascolti la concretezza di un vecchio amico che cerca di fare la comparsa nel cinema, perché “è lì che girano i soldi”.
Ascolti la poesia infantile di una donna, moglie e madre, che vive con la sua famiglia e ci invita e ci parla con spontaneità di sé.
Ci fermiamo. Sentiamo.
Sentiamo la consistenza del bitume sulla strada, dello stucco per la carrozzeria di un’auto, della pittura utilizzata con i bimbi, del gelato. Ne percepiamo gli odori, l’essenza, per ciò che sono, nella loro semplicità.
Attraverso le immagini di questo film riusciamo a percepire con tutti i sensi, non solo con la vista. Abbiamo l’impressione di essere impregnato degli odori e di avere delle tracce addosso di ogni singola visione di Yacine.

Alla fine Yacine ci lascia per seguire la sua strada. Alla ricerca della propria identità, decide di ricominciare da zero in una città neutra, che non è né la sua, né quella dei suoi genitori, algerini immigrati a Parigi. E vola via verso il suo destino.

Ci lascia con uno strato di polvere del sogno vissuto con lui e con una parola Jahum: un augurio e un invito ad essere in pace con gli altri e con noi stessi, con semplicità.

dal Festival del Cinema Africano, Asia, America Latina 7-13 Aprile 2008

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