lunedì 15 dicembre 2008

Giornalisti vanesi

Ti chiama un giornalista di un'importante rete televisiva nazionale. Ti dice che vuole fare una finta diretta dal teatro. Vuole inervistare il pubblico per avere un feedback a caldo a fine spettacolo. Ovviamente è il giorno in cui nevica e la sala è semivuota, così ti preoccupi di riempirla, chiamando amici e parenti, pronta a prostituirti per qualche presenza in più.
Dopo un paio d'ore ti richiama il giornalista e ti dice "Guarda, avevi ragione tu, forse è meglio intervistare l'attore a fine spettacolo". Lo ammazzeresti seduta stante, ma sorvoli.
Così finito lo spettacolo, mentre si è in attesa dell'attore, il giornalista ti intrattiene con il suo primo momento di autocelebrazione, elencandoti gli interessi che coltiva, o le canzoni e i libri che scrive. Intanto si specchia dove può, aggiustandosi il ciuffo, preoccupato dalla resa della sua splendida immagine.
Arriva l'attore stravolto, dopo un monologo intensissimo di un'ora e mezza e il giornalista parte con il suo secondo momento di autocelebrazione. Niente, non risparmia neanche lui.
Si parte con la prima ripresa, tecnicamente "l'affaccio": Siamo in collegamento da Milano, dal teatro tal de tali...
NO. Stop. non va. Quella parola è scivolata. Si prosegue con la seconda ripresa...
NO. Stop i capelli sono troppo disordinati. La terza, deo gratias, può funzionare.
Ovviamente il problema non è mai stato il contenuto, ma l'immagine personale del giornalista. Stesso iter per l'intervista vera e propria.
Avranno girato una ventina di minuti per 3 minuti di finta diretta. Un giornalista, due operatori, tu e l'attore per 3 minuti scarsi in onda all'una di notte. Evviva la TV.

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