venerdì 2 maggio 2008

Silenzi e musica

La banda di Eran Kolirin (sinossi del film)

Una banda di otto uomini della Polizia di Alessandria viene invitata da una città di Israele per suonare un repertorio di classici della musica araba. Per una serie di circostanze si ritrovano in un paesino in una zona desolata, ospiti di alcuni abitanti locali che offrono loro vitto e alloggio per aiutarli. Un film sulla condition humaine, fatto di silenzi intensi, colmi di un naturale imbarazzo dato dalle differenze culturali, dalla lingua e dalle esperienze personali di ciascuno.
Silenzi, nei quali ciascuno di noi potrebbe riconoscere le proprie debolezze, dubbi, aspettative o solitudini.
I silenzi di una donna che ha cercato per tutta la sua vita l’amore romantico dei film arabi con Omar Sharif, che guardava con sua madre ogni venerdì.
I silenzi del clarinettista che non riesce a finire la composizione di una overture perché, dice, sono nati i figli.
I silenzi del direttore d’orchestra che non è riuscito a comprendere e a comunicare con il proprio figlio e ha dedicato tutta la sua vita alla musica cercando di colmare i suoi fallimenti familiari.
A parlare sono i volti espressivi dei personaggi e il linguaggio universale della musica, che unisce tutti superando ogni imbarazzo.
Bellissimo il momento in cui il dongiovanni alessandrino cerca di descrivere al nuovo amico israeliano, giovane e inesperto, cos’è l’amore. Glielo spiega in arabo ed è talmente sensuale e romantico, che non necessita di essere tradotto, basta lasciarsi trasportare dai suoni per provare le emozioni e le sensazioni che vuole esprimere.
Da questo incontro ciascuno porta con sé un piccolo tesoro dato dal confronto con l’altro. Un tassello importante da aggiungere al puzzle della vita, così complesso e alla fine così semplice, quando si riesce a ricomporlo.

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